La transizione ecologica è resa possibile dalla leva economica degli incentivi: è importante rifinanziarli

Espressioni come “mobilità sostenibile”, “emissioni zero” e “transizione ecologica” fanno sempre più parte del dibattico politico, influenzando e sostenendo la svolta green del settore automobilistico che nell’ultimo anno ha introdotto nuove motorizzazioni hybrid dal mild hybrid al plug-in hybrid fino ad arrivare ai motori elettrici.

Gli incentivi governativi hanno reso tali motorizzazioni più accessibili a livello di prezzo favorendo il cambio delle auto verso motori più ecologici e più efficienti.

La fusione FCA PSA aveva proprio l’obiettivo di far posizionare il nuovo gruppo Stellantis tra i leader per la mobilità sostenibile a livello globale sfruttando le sinergie produttive possibili tra i due colossi dell’automotive.

A marzo sono state 169.684 le immatricolazioni di autovetture nuove secondo i dati diffusi dal CED del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: non è possibile comparare tale dato con il valore dell’anno precedente in quanto quest’ultimo risente della chiusura dovuta alla pandemia Covid-19 e risulta quindi non significativo, quindi per avere un valore attendibile dello scostamento bisogna guardare ai dati di marzo 2019: il calo sul mese è del -12,8%, mentre sul trimestre è -17,1%. Tale flessione è stata inoltre mitigata dalla leva economica derivante dagli incentivi alla rottamazione e questo a testimonianza dell’importanza di un rifinanziamento di tali contributi in particolare per la fascia 61-135 g/km già andata esaurita.

Sul fronte delle alimentazioni, risultano in aumento le preferenze della clientela verso le tecnologie ad alimentazione ibrida (HEV), la cui quota nel trimestre è giunta al 27% confermando il sorpasso della quota delle immatricolazioni diesel, arrivata ormai a un quarto del mercato (25%). I diesel Euro 6D però contribuiscono alla riduzione della CO2 media della auto nuove immatricolate, incidendo positivamente sul ritmo di sostituzione del parco circolante ante Euro 5 (pari al 56,4%) e soddisfacendo le esigenze di mobilità della clientela.

Nel primo trimestre 2021 le quote di mercato per alimentazione sono state così ripartite: benzina 33,3%, diesel 25,1%, gpl 5,8%, metano 2,4%, ibrido HEV 26,9%, Plug-in 3,6%, elettrico puro 2,9%.

Il parco circolante auto circolante italiano risulta però ancora tra i più vecchi d’Europa e con anzianità media di 11,5 anni, cambiare l’auto scegliendo le ultime tecnologie più green favorisce una riduzione delle emissioni di CO2 con vantaggi per la qualità dell’aria che si possono percepire maggiormente nei centri urbani.

La città di Torino, in particolare, è stata protagonista negli ultimi mesi dello sviluppo delle infrastrutture di ricarica ultraveloce High Power Charge per veicoli elettrici e plug-in grazie al Gruppo Iren che ha creato una sete di punti di ricarica IrenGo raggiungibili ed identificabili grazie ad un app.

L’impatto economico diretto e indiretto degli incentivi influisce quindi non solo sull’industria automobilistica ma anche sulla rete dei concessionari e sul loro livello occupazionale nonché sulla filiera collegata.

La transizione economica è un’opportunità che va alimentata riaccendendo il motore degli incentivi: occorre rifinanziarli.

Dott.ssa Elena Scandurra

Essere Social Media Manager: un lavoro di strategia non di improvvisazione

“Se pensi che un professionista ti costi, non hai idea di quanto ti quanto ti costerà un incompetente”… questo purtroppo è quello che si ritrovano spesso a pensare quelli che hanno affidato, senza un monitoraggio preventivo sulle pubblicazioni, il Digital Marketing, a qualcuno, senza aver prima concordato una linea da seguire e senza un’approfondita conoscenza dei vincoli legislativi di settore.

Negli ultimi anni con l’avvento e la crescita esponenziale di Internet e della sua influenza sulle decisioni di acquisto del consumatore sono emerse nuove posizioni, come il Social Media Manager, figura per la quale non è prevista una specifica certificazione delle competenze.

Le Università solo recentemente hanno costruito percorsi di studio in Digital Marketing, fino ad ora il Social Media Manager era definito quello che “banalmente” fa i post; molte persone hanno quindi approfittato di questo “Oceano Blu” (per dirla secondo la teoria di W.Chan Kim e Renée Mauborgne) per inventarsi una nuova professione senza aver prima acquisito gli strumenti e le competenze per svolgerla.

La differenza nel lavoro svolto si vede però nella qualità di ciò che viene postato, nel piano editoriale alla base, nella tempestività dei post e nella loro originalità (sono bandite quindi semplici condivisioni o repost di foto ricorrenti e obsolete), nelle reazioni ai commenti e soprattutto nella strategia che parta dalla scelta del “Cosa si vuole comunicare: Brand o Prodotto?” , per poi incanalarsi nella scelta del “giusto social” differenziando il messaggio secondo le caratteristiche di ogni canale.

Personalmente non credo nemmeno nell’utilizzo delle piattaforme che permettono di programmare i post: essere Social Media Manager è un lavoro in cui non ci sono orari se si vuole essere sempre “sul pezzo”.

Chi sceglie questo mestiere deve sapere che nulla deve essere lasciato all’improvvisazione, che è bene stabilire una meta e una serie di obiettivi intermedi per raggiungerla, che è importante scegliere dei KPI e monitorarli nel tempo: solo in questo modo si potrà avere un quadro oggettivo e chiaro del lavoro di un Digital Marketing Manager e dei parametri oggettivi per valutarlo.

Quando scegliete un collaboratore per i social pensate che gli state affidando la vostra immagine pubblica, il vostro look che mostrerete agli occhi dei vostri clienti attuali e ai prospect… scegliete un professionista SEMPRE!

Dott.ssa Elena Scandurra